Era proprio cominciata bene; i soliti riti del sabato mattina; le solite
battute fra di noi durante le varie fasi di preparazione del teatro; gli
addobbi, i panettoni, l’invadenza del Gipo, le disquisizioni sulle
disposizioni delle tavole,il brindisi propiziatorio, il darsi appuntamento al
pomeriggio per la festa di Natale.
Già al mattino un primo segnale
negativo: il microfono del teatro non funziona, bisogna chiedere soccorso al
gruppo “gastronomico” di Valenti e C.
Quando nel primo pomeriggio arrivano
i
protagonisti dello spettacolo, vengo assalito da mille
dubbi e perplessità, che in un amen si trasformano in paura; come è possibile
che questi tre ragazzini che mi trovo davanti e che non fanno che interrogarmi
sul numero e sull’età degli spettatori, spaventati come sono dalle tante
poltroncine preparate per la platea del teatro, abbiano la capacità di
stimolare l’attenzione dei piccoli spettatori che intanto cominciano ad
arrivare? Provo allora a fare io delle
domande sul tipo di spettacolo che hanno preparato, ma l’unica notizia certa
che riesco a captare è che il più bravo di loro si è ammalato e pertanto la
compagnia teatrale si presenta a ranghi ridotti; a questo punto la
paura diventa panico, cerco disperatamente conforto dalla mitica Giusy che prova a
tranquillizzarmi, ma è tutto inutile, anche perché nel frattempo è sparito
anche Don Francesco che era previsto dal copione, dovesse
dire due parole di saluto subito dopo il mio consueto sermone.
Finalmente il Don viene recuperato e la festa può cominciare: mi accomodo sul
palco; afferro il microfono di scorta e alla meno peggio svolgo il compitino
istituzionale, ma la testa è sempre
più proiettata al dopo, a quando comincerà lo spettacolo; rimango in teatro
ancora il tempo di sentire i saluti augurali del Don e per ringraziarlo delle
parole; esco di corsa dal teatro per andare a farmi un caffè, ma soprattutto
per non assistere ad uno spettacolo che incomincia circondato da presentimenti
negativi.
Quando poi rientro in
teatro ed ho l’opportunità di vedere all’opera i teatranti, rimango veramente
sgomento; lo spettacolo (ma forse non è il termine giusto) si sta trascinando
fra il disinteresse assoluto dei bambini e dei genitori ormai assonnati: per
dirla alla Fantozzi, una c… a pazzesca.
Fortunatamente
basta poco a fare tornare il sorriso ai bambini: l’estrazione della lotteria,
la consegna della sciarpa blucerchiata, il dono del
panettone, e tutto finisce in allegria.
E’ proprio il caso
di dirlo: non tutte le ciambelle riescono col buco.